‘Il livello di morte, distruzione e sofferenza continue inflitte ai civili è terribile e inaccettabile’: il devastante rapporto OSCE sulla guerra in Ucraina
5 min letturaLa portata e la frequenza degli attacchi indiscriminati contro civili e strutture civili, anche in luoghi in cui non è stata individuata alcuna struttura militare, sono una prova attendibile del fatto che le forze armate russe hanno condotto le ostilità senza rispettare il fondamentale dovere di distinzione, proporzionalità e precauzione che costituisce la base del diritto umanitario internazionale.
Quella citata è solo una delle gravi conclusioni contenute nel Report on violations of international humanitarian and human rights law, war crimes and crimes against humanity dell’OSCE, relativo all’invasione russa in Ucraina. Il rapporto si riferisce al periodo tra il primo aprile e il 25 giugno, ed è la seconda missione effettuata dall’OSCE in base al Meccanismo di Mosca (la prima si era concentrata sul periodo dal 24 febbraio al primo aprile). Meccanismo che permette di inviare esperti per “assistere gli Stati partecipanti alla risoluzione di un particolare problema relativo alla dimensione umana”.
Nello specifico, compito delle missioni è stato accertare, in particolare, se durante la guerra ci sono stati episodi che possono costituire una violazione del diritto umanitario internazionale, del diritto internazionale sui diritti umani, delle leggi internazionali sui crimini di guerra o sugli impegni previsti dall’OSCE (di cui Ucraina e Federazione Russa sono stati partecipanti). Ciò per entrambe le parti in conflitto.
Il quadro emerso dalla seconda missione lascia pochi margini di interpretazione, e conferma quanto purtroppo già emerso dalla prima. Nel rapporto si legge infatti che:
La seconda missione è giunta alla conclusione che il diritto internazionale (IHRL) è stato ampiamente violato nel conflitto in Ucraina. Alcune delle violazioni più gravi includono uccisioni mirate di civili, tra cui giornalisti, difensori dei diritti umani o sindaci locali; detenzioni illegali, rapimenti e sparizioni forzate dei suddetti; deportazioni su larga scala di civili ucraini, deportazioni su larga scala di civili ucraini in Russia; varie forme di maltrattamento, tra cui la tortura, inflitte ai civili detenuti e ai prigionieri di guerra; il mancato rispetto delle garanzie di un processo equo; e l'imposizione della pena di morte. La maggior parte delle violazioni, anche se non tutte, è stata commessa in territori sotto l'effettivo controllo della Federazione Russa, compresi i territori delle cosiddette Repubbliche Popolare di Doneck e Luhansk, e sono in gran parte attribuibili alla Federazione Russa.
Se nella cronaca di questo conflitto hanno trovato spazio gli episodi più brutali, non senza il contorno di polemiche e negazionismi, come per i massacri di civili a Bucha e la strage del Teatro di Mariupol, nel rapporto emergono così i caratteri di frequenza e gravità delle violazioni da parte della Russia.
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“Le truppe russe hanno distrutto o danneggiato quasi 400 strutture sanitarie, tra cui cui ospedali, reparti di maternità e ambulatori”, si legge nel rapporto. Da sola, l’Ucraina ha subito due terzi degli attacchi a strutture sanitarie documentati nel mondo per il 2022. Dall’inizio del conflitto, organizzazioni non governative come Medici Senza Frontiere hanno evacuato, in più del 40% dei casi, pazienti anziani o in età infantile.
A ciò bisogna poi aggiungere la situazione catastrofica nelle aree occupate: epidemie di colera, malati privi cure fondamentali - come ad esempio l’insulina per i diabetici. Complici anche i danni alle infrastrutture basilari che forniscono acqua, luce e permettono le comunicazioni. In città come Mariupol la privazione di questi servizi essenziali è stato portato avanti sistematicamente dalle truppe russe. “Il livello di morte, distruzione e sofferenza continue inflitte ai civili è terribile e inaccettabile” si legge nel rapporto. Sotto questo aspetto un dato terribile è quello dei bambini: l'UNICEF ha stimato almeno due morti e quattro feriti al giorno dall'inizio dell'invasione. Nella maggior parte dei casi si è trattato di attacchi in zone popolate.
Sistematico è anche il ricorso alla tortura da parte della Russia contro civili e prigionieri di guerra, mentre si registrano alcuni episodi da parte dell’esercito ucraino ai danni di prigionieri di guerra:
La seconda missione è entrata in contatto con numerose prove che dimostrano l'uso della tortura o di trattamenti inumani e degradanti da parte delle forze armate russe contro i civili ucraini e, in misura minore, da parte delle forze armate ucraine contro i prigionieri di guerra russi. La prima missione ha documentato casi relativamente isolati di maltrattamento di civili, per lo più giornalisti, difensori dei diritti umani o ex veterani, per mano delle forze armate russe. La seconda missione si rammarica di aver documentato il sistematico ricorso a gravi maltrattamenti dei residenti civili nelle aree sotto il controllo temporaneo delle forze armate russe. Le prove suggeriscono che queste aree sono state solitamente trasformate in zone senza legge, con i civili sono stati lasciati alla completa mercé dei soldati russi che occupavano l'area.
Un altro capitolo riguarda sparizioni di civili. Secondo la polizia ucraina, sono state denunciate più di 9000 scomparse, mentre le autorità hanno documentato per certo almeno 800 casi di sparizioni forzate. Oltre 2200 bambini risultano scomparsi, ed è possibile che siano stati rapiti dai soldati russi. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani sta attualmente verificando la denuncia di rapimenti di bambini da orfanotrofi.
Rispetto alla prima missione, gli esperti dell’OSCE hanno rilevato inoltre l’esistenza di strutture apposite russe per smistare i civili e all’occorrenza disporne, in modo da eludere ogni legge o controllo. Sono i cosiddetti “centri di filtraggio”. In questi centri, chi viene evacuato o trasferito dai territori occupati viene identificato attraverso le impronte digitali e il passaporto. Le persone sono sottoposte a perquisizioni corporali e interrogatori molto duri, in cerca di combattenti filo-ucraini, o di persone che hanno legati con le istituzioni ucraine o con il battaglione Azov. In caso affermativo, la persona in questione scompare. Uno di questi centri si trova nel Doneck, ed è chiamato “Bezimenne” (“senza nome”). L’elusione del diritto umanitario, fanno notare gli esperti OSCE, riguarda anche processi ed esecuzioni, per i quali non è rispettato alcuno standard di giusto processo.
Il massiccio ricorso alla tortura (anche di prigionieri di guerra), alla carcerazione indiscriminata, alle esecuzioni sommarie e alle sparizioni di civili è confermato, tra gli altri, anche dall’organizzazione internazionale Human Right Watch. L’ONG ha intervistato 71 persone nelle regioni di Cherson e Zaporižžja, rilevando come i civili fatti prigionieri vengano rilasciati dopo essere stati costretti a firmare una dichiarazione di “cooperazione” o a farsi filmare mentre invitano i propri connazionali a collaborare con le forze russe.
Altro aspetto legato ai crimini contro i civili riguarda la violenza di genere. Solo per i casi accertati al 3 giugno si parla di 124 reati di natura sessuale (come stupri o abusi), nella maggior parte dei casi contro donne e ragazze. Secondo il rapporto il numero effettivo è probabilmente più elevato, poiché i dati possono basarsi solo su denunce e testimonianze, e quindi su chi ha avuto la forza di farsi avanti. Secondo Natalia Karbowska, confondatrice di Women's Fund per l'Ucraina, la Russia "sta usando lo stupro e la violenza sessuale come strumento di terrore e controllo della popolazione civile".
Il livello di distruzione e disprezzo per civili e strutture civili non ha risparmiato nemmeno i luoghi di culto. La seconda missione OSCE riporta infatti quanto confermato dall’UNESCO: alla date del 22 giugno, sono stati danneggiati o distrutti 152 luoghi di interesse culturale: “70 siti religiosi, 12 musei, 30 edifici storici, 18 edifici dedicati ad attività culturali, 15 monumenti, 7 biblioteche”. Di questi luoghi, 60 sono chiese. Accertato anche il ricorso ad armi vietate da convenzioni internazionali, come bombe o munizioni a grappolo. Certo è il ricorso in almeno 8 province ucraine: in una di queste l'attacco è stato portato dall'esercito ucraino, nel villaggio di Husarivka.
Le conclusioni del rapporto non lasciano spazio a interpretazioni. Entrambe le missioni condotte dall’OSCE hanno dovuto verificare l’ipotesi che gli attacchi russi possano qualificarsi come “sistematicamente ed estensivamente diretti contro la popolazione civile”. Ipotesi che, se confermata, getta le basi per l’accusa di crimini contro l’umanità. Ed entrambe le missioni hanno dovuto constatare che non solo ciò sta avvenendo, ma che nel secondo periodo preso in esame questo tipo di violazioni dei diritti umani sta diventando ancora più palese.
Immagine in anteprima: Frame video Washington Post